Oggi sono stata invitata dall’ANPI di Borgosesia a tenere l’orazione ufficiale per le celebrazioni della Festa della Liberazione. Non è la prima volta che mi affidano questa compito, ma ogni volta lo vivo come un grande onore e una grandissima responsabilità.
Di seguito vi riporto la breve riflessione che ho preparato per questa occasione.
Buongiorno a tutti!
Anche quest’anno ci ritroviamo insieme per celebrare una giornata importante che per il nostro Paese rappresenta la Liberazione non solo dall’invasore tedesco, ma anche e soprattutto dalla dittatura che per più di vent’anni ha soggiogato la nostra amata Italia.
Per me è un onore oggi essere qui e poter festeggiare questa ricorrenza con voi, e non dico questo per retorica o per obbligo, ma perché per me rappresenta un piccolo traguardo nel mio percorso di vita.
Appartengo a una delle ultime generazioni che ha avuto la fortuna di crescere con il mito del 25 aprile. Alle scuole elementari, che ho frequentato a Varallo perché di li sono originaria, mi sono state insegnate tutte le strofe dei canti partigiani più importanti; le maestre ogni anno ci accompagnavano alla sfilata del 25 aprile per le vie della città e durante alcune ore di scuola venivano spesso invitati partigiani a raccontarci della loro storia, che a me, bambina di 7/8 anni ricordava molto la favola del cavaliere che, senza paura, sconfigge il mostro che da anni tormenta gli abitanti di un paesino.
“Da grande” ho avuto poi una seconda fortuna: quella di poter studiare questi racconti e questa storia attraverso la lente dello “storico” e di poter poi lavorare, grazie all’Istituto della Resistenza, con i bambini e i ragazzi per raccontare loro quello che ho imparato in questi anni di studi.
Ecco perché per me oggi è davvero un onore, perché posso condividere con voi le riflessioni che ho maturato in questi anni di studio e lavoro sul valore e sul significato della Resistenza come fenomeno storico e civile e quindi sull’importanza che ha ogni anno celebrare il 25 aprile.
La Resistenza italiana si inserisce nel più ampio panorama delle resistenze europee, ma ha delle caratteristiche e delle peculiarità che la rendono unica all’interno di questo più ampio movimento europeo.
Innanzitutto la Resistenza italiana nasce come lotta contro una dittatura INTERNA e solo di conseguenza contro un nemico invasore. Il fascismo per due decenni ha soggiogato il popolo italiano con le armi della dell’inganno e della propaganda, approfittando non solo della situazione critica del nostro paese degli anni Venti, ma anche del disinteresse politico e della mancanza di capacità critica diffusa in diversi strati della società italiana. Gli antifascisti prima e i partigiani poi sono coloro che dotati di una coscienza politica e di un sentimento nazionale molto forte non si sono fatti abbindolare dall’incanto delle grandi opere e delle grandi parate, ma si sono subito resi conto del vero intento di queste azioni da incantatore.
Il fascismo aveva fatto leva su facili promesse, finte soluzioni, ma soprattutto sulla viltà e sulla paura di molti. L’antifascismo, che nasce subito e contestualmente alla nascita stessa del fascismo, comprende subito quali sono le vere esigenze del popolo italiane, ben lontane da quelle millantate dal partito fascista. Il destino della dittatura fascista è già scritto quindi nella sua nascita. Esso non crolla solo a causa della guerra e dell’intervento degli Alleati, ma perché fin da subito una minoranza del popolo italiano, quella più civilmente ed eticamente illuminata, denuncia la natura totalitaria del potere e mette in pratica quella rivolta necessaria che viene fin dal principio teorizzata.
Il secondo aspetto peculiare di questo movimento è che esso nasce come manifestazione di un diritto alla rivolta contro la tirannide e l’oppressione per difendere quei DIRITTI UMANI imprescindibili e inalienabili, senza i quali una società civile non solo non potrebbe definirsi umana, ma non potrebbe neanche esistere.
Questi diritti non sono una novità della Resistenza, ma trovano nella Resistenza una loro riaffermazione e nella Costituzione, eredità materiale e immateriale della Resistenza stessa, la loro legittimazione e sacralizzazione.
E’ proprio questa seconda caratteristica del movimento della Resistenza che ci porta a dichiarare con fermezza che “una parte non può essere equiparata all’altra”. E’ vero che bisogna concedere “dignità storica” al fascismo, cioè studiarlo e analizzarlo come fenomeno storico, anche per far sì che esso non venga mitizzato oggi da forze sociali e politiche che spesso non lo conoscono e lo utilizzano in modo anacronistico per inquietanti propagande. Analizzarlo storicamente, non significa però sostenere che non ci fu alcuna differenza tra le vittime repubblichine e le vittime antifasciste: tra tedeschi e alleati e soprattutto tra repubblichini e partigiani esiste “una asimmetria irriducibile”, come dice Alberto Cavaglion in un bellissimo libro scritto alla figlia, dovuta all’impossibilità di conciliare i due ideali per i quali le due forze combattevano: da un parte a favore del totalitarismo, dall’altra a favore della libertà e della dignità umana. Non c’è alcun dubbio che si è eticamente e civilmente nel giusto quando si combatte per quest’ultima, per i suoi diritti e questo deve essere detto e affermato con forza e convinzione.
A questo proposito mi piacerebbe leggervi un piccolo brano tratto dal famoso libro di Italo Calvino “Sul sentiero dei nidi di ragno”, dove questo principio emerge chiaramente:
“Lo spirito dei nostri e quello della brigata nera non sono la stessa cosa, ma tutto il contrario. Perché qui si è nel giusto, la nello sbagliato. Qua si risolve qualcosa, là ci si ribadisce la catena. Quel peso di male che grava sugli uomini nel Dritto, quel peso che grava su tutti noi, su me, su te, quel furore antico che è in tutti noi, e che si sfoga in spari, in nemici uccisi, è lo stesso che fa sparare i fascisti, che li porta a uccidere con la stessa speranza di purificazione, di riscatto. Ma allora c’è la storia. C’è che noi, nella storia, siamo nella parte del riscatto, loro dall’altra.”
Se quindi da un punto di vista storico e scientifico non deve emergere alcun giudizio sul rapporto tra fascismo e Resistenza, dato che lo storico deve studiare il fenomeno il più oggettivamente possibile, come cittadini dotati di senso civico e rispetto per la dignità umana questa distinzione deve essere fatta e deve essere alla base della nostra società.
Ultima riflessione. Questi valori e questi diritti per i quali la Resistenza ha combattuto con il sacrificio di uomini e donne non erano estranei o nuovi al popolo italiano, ma erano il frutto di una tradizione e di una storia ben precisa del nostro paese che ha avuto inizio con i moti risorgimentali. Valori come quelli della libertà di pensiero, dell’uguaglianza sociale, della solidarietà e dell’indipendenza erano già stati affermati durante il Risorgimento mentre nel ventennio fascista vennero volutamente strumentalizzati e oscurati.
La Resistenza ha dunque ridato voce a questi valori fondamentali, riprendendoli dai grandi pensatori risorgimentali e diventandone la più alta manifestazione. La Resistenza, così come il Risorgimento, è stata dunque l’azione di una minoranza che ha lottato nella clandestinità e che a scapito della propria vita ha riconquistato non solo quell’Unità nazionale andata perduta, ma anche quei diritti civili e politici che il fascismo aveva annientato.
Grazie a questa comunanza di ideali che unisce questa minoranza, la Resistenza può essere considerata l’unica “rivoluzione storica” che è riuscita ad unire ogni tipo di differenza sociale: uomini e donne, giovani e vecchi, ricchi e poveri, militari e civili…perché ciò che faceva da collante era la volontà di riaffermare ad ogni costo la libertà lottando contro la tirannide.
La Resistenza (e questa forse è la differenza più importante con il Risorgimento) non è stata la storia di uno o due eroi che hanno combattuto per tutti, ma di un popolo di eroi, i partigiani e gli antifascisti.
Questo è il motivo per cui la Resistenza diventa subito un Mito, prima ancora di diventare storia, perché i suoi eroi non sono uomini astratti e distanti, ma sono i nostri padri, i nostri nonni, i nostri concittadini, uomini semplici, onesti e coraggiosi che hanno dato la propria vita per la nostra libertà.
Grazie a questo, io e molti altri fin da bambini siamo cresciuti con il Mito della Resistenza e dei partigiani e grazie a questi esempi riusciamo oggi ad educare i giovani ad una maggiore coscienza civica.
I morti della Resistenza sono un esempio di coraggio e sacrificio. Sono uomini che hanno combattuto per l’ideale più importante, la Libertà, e animati da questa sono accomunati, nonostante le differenze sociali, da un sacrificio che non ha eguali nella storia d’Italia. Vorrei leggervi una lettera di un ragazzo di 19 anni, Bruno Frittaion, nome di battaglia Attilio, fucilato il 1 febbraio 1945 raccolta tra le “Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana”:
“Miei cari, nelle ultime ore è più vivo che mai il mio affetto per voi e voglio dedicarvi queste ultime righe. Il nostro comune nemico vuol fare di me solo un triste ricordo per voi, per tutti coloro che mi conoscono e mi vogliono bene. Mi hanno condannato a morte, mi vogliono uccidere. Anche nelle mie ultime ore non sono venuto meno nella mia idea, anzi è più forte e voglio che anche voi siate forti nella sventura che il destino ci ha riservato. Datevi coraggio, sopportate con serenità tutto ciò sperando che un giorno vi siano ricompensate le vostre sofferenze. Muoio, ma vorrei che la mia vita non fosse sprecata inutilmente, vorrei che la grande lotta per la quale muoio avesse un giorno il suo evento. Termino per sempre salutandovi e chiedendovi perdono di tutto ciò che ha potuto rattristarvi. Addio papà, mamma, Ines, Anita, salutatemi Elio il giorno che lui potrà tornare. Addio per sempre. Bruno.”
Forse ricordando queste parole possiamo convincere i ragazzi, e non solo, dell’importanza di interessarsi della politica, intesa come il bene della comunità. Dobbiamo fare in modo che il sacrificio di Bruno e di molti altri ragazzi come lui non sia stato vano, ricordando sempre che sulla libertà bisogna vigilare dando il proprio contributo alla vita politica. Lo diceva anche Emanuele Artom nei suoi “Diari”:
“Il fascismo non è una tegola cadutaci per caso sulla testa; è un effetto della apoliticità e quindi della immoralità del popolo italiano. Se non ci facciamo una coscienza politica non sapremo governarci e un popolo che non sa governarsi cade necessariamente sotto il dominio straniero o sotto una dittatura”
Da ultimo bisogna ricordarsi della grande solidarietà e collaborazione sociale e civile tra le varie forze che hanno preso parte alla Resistenza e che sono riuscite, dopo la guerra, a costruire insieme una Carta Costituzionale che è una delle più belle e complete del panorama mondiale. Questo è più che mai importante da ricordare oggi, in un momento di grave crisi economica, politica e sociale. L’esempio lasciatoci dagli antifascisti e dai partigiani deve ricordarci che è solo con la collaborazione e con l’unione di forze che si esce da un periodo oscuro.
Ecco la conclusione della riflessione che sto facendo oggi con voi, 25 aprile 2014, alla vigilia dei grandi festeggiamenti che si terranno l’anno prossimo nel quale ricorrerà il 70° anniversario della Liberazione. Non è solo importante continuare a studiare scientificamente la Resistenza, e lo dico innanzitutto a me come ricercatrice, ma è soprattutto necessario vivere la Resistenza tutti i giorni, rispettando la sua grande eredità, la Costituzione, aiutando i giovani a orientarsi nella società civile e soprattutto informandosi e occupandosi della vita politica del proprio territorio e del proprio Paese. Le conseguenze di vivere nell’indifferenza sono troppo gravi.
Vi saluto leggendovi un breve testo di Augusto Monti, scrittore e politico antifascista, ripresa da un testo posto come introduzione al libro “Antologia della Resistenza”. Dice Monti:
“Credete a noi che siamo quelli della Resistenza : avevamo ragione allora, abbiamo ragione adesso. Se amate davvero la Patria, se davvero vi sta a cuore la civiltà, venite, tornate con noi senza paure, senza esitazioni e senza secondi fini; ascoltate da questo libro la voce dei Matteotti, degli Amendola, dei Gobetti, dei Gramsci, dei Don Minzoni, dei Perotti, dei Banfo, degli onesti degli “ingenui”, che morirono resistendo al fascismo in difesa di Civiltà e Patria: unitevi ai superstiti loro commilitoni. Si tratta di salvare il meglio del vostro passato, si tratta di preparare a tutti un migliore avvenire. SI TRATTA DI SALVARE LA PACE”.
Buon 25 aprile e buona Festa della Liberazione!